Vi ricordate il terzo film di Indiana Jones?
Nell’ultima pellicola della trilogia originale – Indiana Jones e l’ultima crociata – Indy (Harrison Ford), accompagnato dal padre (Sean Connery) scopre l’ubicazione del Santo Graal all’interno di uno strano tempio nella “Gola della luna crescente” vicino alla città di Alessandretta, oggi Iskenderun in Turchia.
Il maestoso tempio scolpito nella roccia che si può ammirare nel film è il cosiddetto Tesoro del Faraone, Al Khazneh in arabo, praticamente il più famoso dei monumenti di Petra, città Nabatea nel sud della Giordania. La città, costruita nel primo secolo avanti Cristo, era la capitale di un fiorente regno carovaniero. Petra è nascosta all’interno di un canyon il cui ingresso principale è costituito da una stretta gola sinuosa con pareti alte 150 metri e larga non più di 3 metri, detta Siq. La stessa, per intenderci, usata da Indiana Jones inseguito dai nazisti.
La città, abbandonata nell’alto medioevo, cadde nell’oblio e venne dimenticata da tutti con l’esclusione dei beduini locali che però ne erano spaventati. Questo gioiello dell’architettura antica, un insieme di tombe, templi, teatri scavati nella roccia viva più di mille anni fa, venne riscoperto nel 1812 da John Lewis Burckhardt, un esploratore svizzero.
Il nostro viaggiatore elvetico non aveva nulla da invidiare all’avventuroso professore creato da George Lucas. Nato a Losanna sul finire del Settecento, venne incaricato nel 1809 dalla Royal Geograhphic Society di organizzare una spedizione per cercare le sorgenti del fiume Niger. Burckhardt si preparò con costanza, studiò l’arabo, ma anche medicina, chimica e astronomia. Compì lunghe escursioni nelle campagne inglese, abituandosi a dormire all’aperto e nutrendosi solo di frutta e verdura. Non raggiunse mai l’Africa occidentale e non giunse neppure a vedere il grande fiume, obiettivo delle sue ricerche, ma i suoi viaggi lo portarono inaspettatamente ad altre incredibili scoperte.
Finalmente la partenza: raggiunse Malta nel febbraio del 1809 e da qui con una nuova identità proseguì fino ad Aleppo. Nella grande città siriana John Burckhardt si fermò due anni, spacciandosi per un mercante indiano musulmano. La sua conoscenza dell’arabo e dei costumi mediorientali gli permisero di integrarsi riuscendo a dissimulare perfettamente le sue orgini europee. Nel 1811, dove aver esplorato i territori delle moderne Siria e Libano decise di recarsi al Cairo e da qui tentare di organizzare la famosa spedizione verso il Niger.
Partito da Damasco scese lungo la costa orientale del Mar Morto in direzione di Aqaba. Nello Wadi Musa, a due giorni di cavallo dalla costa, si imabatte nello stretto passaggio che portava all’interno del canyon.
Nelle sue lettere, spedite dal Cairo alla Royal Society, descrisse le meraviglie scoperte. Templi greci di colossali dimensioni intagliati nella roccia, sepolcri, obelischi, un grande teatro e tantissime rovine. Per non allarmare i suoi accompagnatori, si potè fermare nella valle solo poche ore, proseguendo poi verso sud, ma riuscì a ipotizzare che quella città dimenticata fosse proprio Petra: capitale nabatea, poi città romana nella provincia dell’Arabia Petrea.
Dopo aver attraversato il deserto del Sinai unendosi a una carovana di mercanti, arrivato nella capitale egiziana Burckardt diffuse la notizia. Sei anni dopo una spedizione partita da Gerusalemme riuscì a raggiungere nuovamente le rovine e a restarvi per due giorni, prima di essere cacciata dalle tribù locali. Bisognerà aspettare altri dieci anni per l’arrivo della prima missione archeologica nel 1828.
La visita alle rovine nabatee di Petra non sarà l’ultima scoperta di Burckhardt, né toglierà al nostro infaticabile esploratore la voglia di viaggiare, ma il suo nome rimarrà per sempre legato a quello della città rossa. Per 1500 anni i segreti della città rossa scolpita nella pietra avevano dormito in silenzio sotto il cielo stellato della Giordania.