Piramidi in Egitto da Google Earth piramidi egizianePoco tempo fa un’archeologa americana, Angela Micol, ha dichiarato di aver scoperto tre nuove piramidi nel Medio Egitto, a poca distanza dalla Valle del Nilo, grazie all’attenta osservazione delle mappe di Google Earth.

Non è la prima scoperta archeologica fatta esaminando gli strumenti messi a disposizione dal noto motore di ricerca. Da indagini serie e professionali, che hanno condotto per esempio all’individuazione di una fattoria romana nella provincia emiliana, a fantasiosi ritrovamenti di Atlantide sul fondo degli Oceani.

Questo tipo di ricerche sono la moderna evoluzione degli studi di topografia che risalgono agli albori della scienza archeologica. Non possiamo dimenticare quei nobili inglesi che agli inizi del secolo scorso sorvolavano le loro tenute a bordo di leggere mongolfiere. Controllavano, con un fiuto da veri Sherlock Holmes, le gradazioni di verde dell’erba nella brughiera inglese. Come mai? Linee rette di erba di colore diverso rispetto ai prati circostanti indicavano la presenza di antichi muri. Dove c’è un muro sepolto, l’acqua è trattenuta dai detriti e l’erba cresce molto più folta, di colore più scuro visto dall’alto. Al contrario, cresce più rada e quindi più chiara se osservata a volo d’uccello. Alcune tra le più belle ville di quella che un tempo era la provincia romana della Britannia vennero scoperte così.

Un’altra tecnica molto diffusa in quegli anni di archeologia volenterosa ma un po’ amatoriale era la cosiddetta foto al tramonto che sfrutta il principio delle ombre lunghe. Si scattavano fotografie da un punto rialzato, magari la cima di una collina, e una volta sviluppati i rullini si esaminavano le immagini per individuare rilievi del terreno irriconoscibili sotto il sole, ma messi in risalto dalle ombre lunghe proiettate dagli oggetti quando il sole è basso sull’orizzonte.

Siti delle piramidi trovate in Egitto da Google Earth maps piramidi egizianeOggi internet e la digitalizzazione delle immagini semplificano tutte queste osservazioni. Con pochi clic possiamo passare dalle praterie nordamericane alle rovine dei templi di Angkor, nel cuore della Cambogia. Queste intuizioni, tuttavia, devono essere verificate con una ricerca sul campo che determini se quanto osservato corrisponde effettivamente a un sito antropizzato o se si tratta solo di un’illusione ottica.

Infatti la stessa Angela Micol, responsabile del ritrovamento, non appena pubblicata la notizia ha invitato alla calma, chiarendo subito che quanto osservato grazie a satelliti e mappe digitali avrebbe dovuto essere verificato da adeguati rilevamenti sul campo.