No, Sean Connery e il Dr. No non c’entrano nulla. Certo, a voler girare un film sulla vita del nostro Lewis Burckhardt, il nostro baronetto scozzese non sarebbe affatto una cattiva scelta. Andiamo con ordine: vi ricordate John Lewis Burckhardt, l’esploratore svizzero?
Avevamo raccontato la sua scoperta di Petra, la città scolpita nella roccia nel sud della Giordania nel 1812. Lo avevamo lasciato al Cairo. Raggiunto attraversando il deserto del Sinai. Era un esploratore affermato, aveva trascorso due anni ad Aleppo, in Siria, viaggiando instancabilemente attreverso i moderni stati di Siria, Libano, Palestina, Israele e Giordania.
Visitò le rovine delle anitche città greche e romane, da Baalbeck a Palmira, i castelli crociati, le millenarie città musulmane.
Spediva con regolarità i suoi rapporti alla Royal Geographic Society dalla quale era stato inviato. Come un provetto 007 utilizzava un’identità segreta: dal suo arrivo ad Aleppo si spacciò per un mercante indiano musulmano, lo sceicco Ibrahim Ibn Abdallah. La sua grande conoscenza della lingua araba era fondamentale per sostenere questa messinscena.
Torniamo nella capitale egiziana: è il 1813, Burckhardt cerca nuovamente di organizzare una spedizione alla ricerca della Sorgente del Niger, scopo originale del suo viaggio. Ancora una volta, i suoi sforzi sono vani ed è costretto a rinunciare al progetto. Inizia così la seconda vita di Burckhardt. La determinazione e la curiosità del nostro viaggiatore non sono placate. Parte per un nuovo viaggio, questa volta verso sud, verso la Nubia, seguendo il corso dell’Alto Nilo. All’altezza della moderna frontiera con il Sudan l’elvetico si imbatte in un enorme tempio egizio: tre statue giganti emergono dalla fine sabbia del Sahara. E’ il tempio di Abu Simbel, costruito da Ramses II e dimenticato da oltre 3000 anni. Un’altra prima visione dopo lo spettacolo di Petra nel canyon rosso del Wadi Rum.
Le avventure non finiranno neppure dopo questa scoperta. Nuovamente nei panni del mercante indiano Ibrahim, parte nuovamente verso il sud. Raggiunge il porto Suakin dove si imbarca per Jeddah, in Arabia Saudita. Qui riesce ad unirsi nel 1815 al Hajj, il grande pellegrinaggio annuale che i fedeli musulmani devono compiere almeno una volta nella vita. Burckhardt raggiunge così le città sante di Mecca e Medina, primo europeo dopo Ludovico de Verthema nel 1503. I viaggi minano la sua salute e nel 1817 dopo un’altra esplorazione della penisola del Sinai muore il 15 di ottobre, un mese prima del suo 33 compleanno.
Nato a Losanna, all’ombra delle alpi svizzere Johan Lewis Burckhardt trascorse quasi otto anni viaggiando in tutto il Medio Oriente, effettuando scoperte indimenticabili e inviando un’enorme, ma ordinata messe di informazioni alla Royal Society che ancora oggi conserva i suoi scritti, a disposizione dei ricercatori. Forse il nostro esploratore elvetico avrebbe raggiunto le sorgenti del Niger, fiume che in realtà non vide mai nella sua vita, nel suo prossimo viaggio, ma purtroppo, come ci ricorda James Bond: si vive solo due volte.